Nei nuovi ecosistemi IT orientati al modello di cloud ibrido, la capacità di orchestrare gli ambienti e le risorse non solo porta un grande vantaggio, ma diventa un requisito obbligatorio al fine di assicurare l’efficienza e la sicurezza di tutti gli asset IT aziendali.
Cloud ibrido per ecosistemi IT efficienti e flessibili
Il paradigma hybrid, che integra nuvole pubbliche e private, rappresenta oggi la risposta più efficace per soddisfare le esigenze di sicurezza dei dati, scalabilità di servizi, elevate performance e continuità di business, ottimizzando i processi e garantendo il controllo dei costi.
Cloud Hybrid, ovvero la maturità del cloud
Ma perché, dunque, il cloud hybrid sarebbe una rivoluzione? Più che una rivoluzione, si sta assistendo alla maturità del modello ibrido, che peraltro evolve di giorno in giorno lungo la direttrice dell’hybrid multi-cloud.
Il modello ibrido, di cui si parla almeno da 10 anni, è letteralmente ‘esploso’ negli ultimi 5. Nel periodo precedente, il percorso di digital transformation è stato molto graduale e progressivo: ad una prima fase di sfiducia e timore nei confronti del cloud è infatti seguita l’apertura – pressoché incondizionata, normativa permettendo - verso il cloud pubblico, per poi tornare leggermente indietro e identificare il cloud hybrid come il meglio dei due mondi, ovvero come modello in grado di miscelare la scalabilità e i benefici del pay-per-use del public cloud con la sicurezza e il controllo dei dati dell’infrastruttura privata.
Sostanzialmente, il cloud ibrido consente di estendere in modalità sicura ed efficiente le strutture ICT aziendali, con l’aggiunta di un ampio portfolio di servizi ready-to-use all’interno di contratti a consumo.
Cloud Ibrido e trasformazione digitale
Il cloud hybrid ha quindi conquistato il mondo in un lasso di tempo relativamente breve e sta condizionando ovunque il progresso e l’evoluzione delle imprese. Al di là delle motivazioni tecniche, il modello ibrido era esattamente ciò di cui l’IT aziendale aveva bisogno per assecondare da un lato esigenze sempre più pressanti da parte del business, dall’altro normative complesse, di difficile interpretazione e che, soprattutto in settori fortemente regolati, rischiavano di rendere vani i benefici del cloud. Il punto fondamentale è proprio questo: l’architettura tradizionale non è più in grado di soddisfare le esigenze del business in termini di scalabilità e agilità.
Anche lo sviluppo applicativo è emblematico. L’IT, infatti, è costantemente sotto pressione per produrre nuove applicazioni, funzionalità e servizi sui quali costruire il vantaggio competitivo aziendale, ma fatica a soddisfare tali esigenze nei tempi richiesti e limitando i costi, a meno che non adotti processi di sviluppo agili basati sui servizi e sull’infrastruttura cloud. Il software che viene sviluppato e gestito con un processo agile, incrementale e iterativo deve poggiare su un’infrastruttura che sia parimenti flessibile, che richieda minuti per il provisioning di una macchina virtuale e generi quella spirale di innovazione continua che oggi è fondamentale per restare competitivi.
La flessibilità grazie al cloud ibrido
Quanto appena detto riguarda il cloud in sé, ma è il modello ibrido ad aggiungervi ciò che mancava, ovvero quell’ulteriore - e determinante - livello di flessibilità tale da permettere alle aziende di spostare workload e applicazioni tra cloud pubblici e privati, a seconda di strategie o esigenze specifiche: per esempio, applicazioni la cui domanda è incerta possono beneficiare al massimo dell’elasticità del public cloud, mentre quello privato può diventare economicamente più vantaggioso dopo una prima fase di assestamento, oppure perché si preferisce avere più controllo sui dati sensibili. Di fatto, una strategia di cloud hybrid offre agli sviluppatori tutta la flessibilità necessaria per soddisfare rapidamente le esigenze del business, mentre gli “ops” si ritrovano ad amministrare un modello che permette un eccellente controllo dei costi e vi somma agilità, flessibilità e soddisfacimento della normativa, qualsiasi essa sia.
I vantaggi del cloud ibrido
Tipicamente, l’azienda potrà mantenere in casa le applicazioni di prossimità che governano ad esempio l’impianto produttivo, avvantaggiarsi del modello di private cloud per le applicazioni critiche ed utilizzare quello pubblico per le applicazioni commodity o per tutte le applicazioni di collaboration, godendo di maggiore flessibilità, pagando le risorse solo qualora necessario e delegando la gestione dell’intero ciclo di vita degli asset al provider.
Gli ambienti ibridi offrono all’IT aziendale un ruolo più strategico e di orchestrazione, dispensandolo da molti tra i compiti più operativi e routinari, come l’aggiornamento dei software o la manutenzione dei sistemi hardware. Il personale interno potrà quindi avviare un nuovo e più importante processo di crescita professionale negli ambiti di innovazione aziendale come l’IoT, il Customer Engagement, l’intelligenza artificiale, la multicanalità. Ambiti in cui l’adozione ed il corretto uso della tecnologia rivestiranno un ruolo chiave nell’accelerazione della crescita aziendale e nella velocità di risposta alle richieste del business.
Come concretizzare i vantaggi del cloud ibrido
Come realizzare questo scenario di efficienza, traendo effettivo vantaggio dall’implementazione e orchestrazione degli ambienti ibridi?
Una corretta strategia aziendale di cloud ibrido
Non è possibile realizzare i benefici dell’innovazione senza una solida strategia aziendale di cloud ibrido. Per quanto il tema sia di per sé tecnologico, la migrazione al cloud è un evento che coinvolge tutta l’azienda, che sempre di più si affida al comparto tecnologico per costruire differenziazione e vantaggio competitivo. La strategia aziendale di cloud ibrido non può prescindere dall’identificazione degli obiettivi, dalla definizione dei KPI e dai coinvolgimento di tutti gli stakeholder – i supporter, ma anche i detrattori -, cui fornire convincenti motivazioni a supporto del percorso intrapreso.
La strategia aziendale di cloud ibrido prevede uno studio intensivo della normativa in essere e della regolamentazione settoriale, nonché una definizione di quali workload trasferire verso i nuovi ambienti, identificando bene tutti i player coinvolti e le sfide connesse.
A livello pratico, il primo passo è la mappatura degli asset e dei processi IT esistenti: solo con una conoscenza approfondita dell’attuale ecosistema informativo aziendale sarà possibile individuare i margini di miglioramento ottenibili attraverso la migrazione al modello ibrido.
Il giusto provider per il cloud ibrido
In secondo luogo, vanno intercettate le risorse hardware e le applicazioni che possono ottenere i maggiori ritorni con il passaggio al modello di cloud ibrido. Quindi si passa alla selezione del cloud provider valutando una serie di requisiti:
- Affidabilità delle infrastrutture sia a livello di sicurezza (fisica, logica e operativa) che di prestazioni ed affidabilità (resilienza)
- Efficacia dei Service Level Agreement a garanzia delle performance e della business continuity
- Possibilità di personalizzazione del servizio e degli obblighi contrattuali
- Specializzazione dei servizi per la gestione delle applicazioni standard di mercato
- Competenze per la gestione end-to-end di progetti per la migrazione in cloud
Gli step prima del cloud ibrido
Altro elemento importante prima della migrazione o dell’implementazione di nuovi servizi cloud, tutti i processi e gli asset aziendali dovranno essere sottoposte a un’attività di razionalizzazione e ottimizzazione. Tale processo può essere attivato anche durante la fase di preparazione in modo da poter affrontare la migrazione sfruttando se possibile l’opportunità di ottimizzazione e di aggiornamento dei software di base.
Orchestrazione delle risorse negli ambienti ibridi e multi-cloud
Tra le premesse indispensabili di un ecosistema hybrid vincente, non può mancare infine la capacità di orchestrazione di risorse e ambienti eterogenei.
Orchestrazione delle risorse significa poter gestire con un unico tool cloud diversi, facendo ricorso ai benefici dell’automazione. In un contesto ibrido, l’orchestrazione viene impiegata per svariate operazioni come la creazione di macchine virtuali, la gestione delle reti, l’assegnazione di capacità di storage e molto altro. Il tutto, come anticipato, senza la necessità di ricorrere a diversi tool operanti a silos. Ciò rende più efficiente e semplifica la gestione di complesse architetture enterprise fondate, appunto, sulla coesistenza e sinergia di ambienti diversi.
L’orchestrazione delle risorse passa per quattro leve principali, secondo il framework descritto dall’Osservatorio Cloud Transformation del Politecnico di Milano.
- Automation, ovvero la possibilità di gestire centralmente e dinamicamente tutte le risorse e gli ambienti che formano l’ecosistema IT aziendale, garantendo ad esempio lo spostamento delle macchine virtuali o la distribuzione degli ambienti applicativi tra diversi cloud oppure controllando da un unico punto l’attivazione e la dismissione dei servizi su qualsiasi nuvola.
- L’amministrazione e governance sulle integrazioni a livello applicativo e di dati che intercorrono tra: soluzioni di cloud pubblico multi-brand e ambienti on-site (tecnologie on-premise o nuvole private).
- La sicurezza: le soluzioni di protezione (come le tecnologie per la gestione delle identità e degli accessi oppure i sistemi di disaster recovery, business continuity e il monitoraggio delle reti) vanno progettate per coprire con continuità tutti gli ambienti che compongono l’ecosistema IT aziendale.
- Il monitoraggio e il controllo esteso e centralizzato di tutte le risorse, indipendentemente dall’ambiente, rappresenta infine l’ultimo punto di attenzione per trarre il massimo vantaggio dall’ambiente ibrido.
Governance e cloud ibrido
Insomma, la governance a livello operativo e strategico è la chiave fondamentale per implementare un ecosistema ibrido, affiancando alla solidità delle soluzioni on-site anche tutti i benefici tipici del cloud computing ovvero:
- Controllo e ottimizzazione dei costi
- Pagamento a consumo per le risorse pubbliche
- Flessibilità nelle modifiche all’infrastruttura
- Sicurezza garantita dal provider (con misure di protezione superiori al piccolo data center locale grazie alla forza delle economie di scala)
- Livelli di performance sanciti dal contratto
- IT aziendale libero dalle mansioni manutentive per rispondere prontamente alle richieste del business.