Un’azienda che opera nel settore del fashion deve affrontare un mercato dinamico, esteso, competitivo e complesso nella certezza di potersi concentrare sulle sfide fisiologiche che esso pone, che vanno dalla gestione di supply chain molto estese a un time to market da ridurre il più possibile, dalla competizione su scala globale alla gestione degli effetti macroeconomici.
Secondo il McKinsey Global Fashion Index, infatti, dopo due anni di disruption il mercato globale della moda potrebbe finalmente recuperare il terreno perduto a causa della pandemia. A livello globale, infatti, si è assistito a una riduzione delle revenue fino al 20% e il 7% delle imprese ha abbandonato il mercato. Le imprese devono fronteggiare molteplici sfide, tra cui gli shortage di prodotto e materia prima, disruption a livello di supply chain, l’aumento dei costi e le – non ancora ben definite – conseguenze del conflitto in corso e degli assetti geopolitici che ne risulteranno. Resta il fatto che, complice la sempre maggiore adozione del digitale, il 2022 potrebbe essere l’annata del riscatto per molti brand, che nel frattempo dedicano grandi attenzioni alla propria resilienza, alla continuità del business e ai canali di vendita digitali (eCommerce, Marketplace, social…).
Proprio grazie all’estensione del mercato e all’introduzione di nuovi canali di vendita e di marketing le aziende del settore si ritrovano ad intraprendere, o ad avere intrapreso una strategia che espone il proprio marchio al di fuori del perimetro aziendale e dal controllo dell’organizzazione stessa oltre a dover integrare, monitorare e gestire numerose tecnologie.
La tecnologia tra i segreti del successo
Come in tanti altri settori, anche qui i segreti del successo – che sono facili da capire, ma al tempo stesso complicati da ottenere - sono l’agilità, la capacità di reinventarsi di continuo, quello che si definisce start-up thinking, la capacità di rapido adattamento alle esigenze del mercato, l’avvicinamento ai clienti finali e la personalizzazione del servizio, tanti fattori sui quali pesa moltissimo l’apporto della tecnologia e dei servizi digitali rivolti alla clientela. Ciò premesso, i temi della Cyber Security e della business continuity devono diventare (se non lo sono già) parte integrante del lessico di qualsiasi azienda attiva in questo settore e non solo delle grandi multinazionali.
La letteratura, che ovviamente si concentra sui colossi mondiali, offre una casistica molto ampia: per esempio, l’attacco al sito americano di Adidas, con conseguente accesso alle informazioni di contatto di parte dei clienti, oppure il caso di Shein, che ammise il furto di informazioni personali per 6,42 milioni di clienti e molti altri esempi, compreso un disclosure di informazioni personali da parte di Amazon US, dovuto però a un ‘errore tecnico’ e non ad un attacco intenzionale. La tendenza, comunque, resta in crescita: gli attacchi informatici possono consegnare agli hacker informazioni personali, ma anche dati riservatissimi appartenenti alle funzioni interne dell’azienda o anche ‘solo’ (per modo di dire) impedire l’accesso al sito, che in una buona percentuale di casi funge anche da e-commerce. La cassa di risonanza che l’informazione di un attacco informatico avrebbe è esponenziale quanto importante il brand che la subisce. Oggi, e sempre di più, i clienti sono attenti a come le aziende gestiscono i propri dati personali e subire un attacco informatico rischierebbe di far perdere la fiducia che i clienti ripongono nel brand.
Un fault, un data breach o un’intrusione informatica possono quindi compromettere gravemente l’immagine del brand.
Cyber Security e business continuity: priorità assolute
Si è parlato di sicurezza informatica, di attacchi mirati e di data breach, ma è palese il fatto che la continuità operativa non sia meno decisiva per le sorti dell’azienda. In un mondo che viaggia a velocità tripla rispetto a un tempo e in cui l’efficienza di un’azienda – a prescindere dalle dimensioni e dalla capacità organizzativa – viene sempre valutata in funzione di quella dei colossi mondiali, è imperativo che il business non si fermi mai. Ecco che quindi diventa fondamentale, per le organizzazioni di qualsiasi dimensione, considerare il fattore sicurezza in termini ‘olistici’, integrando attività di cybersecurity con un business continuity e disaster recovery plan, così da evitare sorprese di ogni genere e natura che possano impattare in modo fortemente negativo sullo svolgimento del business e sulla compliance normativa.
Data l’importanza dell’argomento, le aziende che operano in questo settore devono affrontare la questione in termini necessariamente proattivi. Posto che buona parte dei data breach avviene ancora ancora fornendo per errore dati e documenti a chi non li dovrebbe mai ricevere, è imperativo che l’organizzazione sviluppi una cultura della sicurezza, oltre all’implementazione di tutte le misure adeguate. Se si parla di cloud, che resta un tassello fondamentale dell’IT contemporaneo – e quindi della produttività delle aziende -, l’ipotesi migliore è rivolgersi a un partner che possa avvalersi contemporaneamente di asset, tecnologia, esperienza e competenza, e che sia così in grado di sviluppare un security package personalizzato in funzione delle esigenze, delle dimensioni e dei modelli di business dell’azienda. Un partner che sfruttando le proprie capacità sia in grado di formarsi sulle nuove tecnologie, integrandone il controllo in un modello unificato e ottimizzando notevolmente il time-to-market.
La Cyber Security diventa quindi un tassello fondamentale da inserire all’interno della strategia di Business Continuity assieme al Disaster Recovery. Questi elementi consentono senza dubbio di aumentare la resilienza e minimizzarne le conseguenze in caso di eventi non prevedibili.