Categorie: Fashion

La pandemia di SARS-CoV-2 e il conseguente lockdown globale hanno avuto un effetto dirompente sul commercio elettronico. La necessità di fare acquisti mentre si è bloccati in casa ha portato milioni di persone a fare acquisti online, mettendo a dura prova anche colossi del settore come Amazon. In questo periodo, 1,3 milioni di persone hanno comprato online per la prima volta e molti hanno continuato a farlo una volta che si è usciti dalla fase più acuta della crisi sanitaria.

I settori che ne hanno beneficiato maggiormente sono quelli che, almeno fino a prima dello scoppio della pandemia, erano rimasti un po’ in “disparte”. Secondo le stime del Consorzio Netcomm, a far registrare i maggiori tassi di crescita saranno i settori Food&Grocery (+55% rispetto al 2019), arredamento e home living (+30%) e altre nicchie come pharma, beauty e fitness. Ottima la performance del settore dell’abbigliamento, destinato a crescere del 20% con un volume d’affari che supererà i 3 miliardi di euro.

Insomma, indipendentemente dal settore in cui si è attivi, avere un portale e-commerce è diventato di fondamentale importanza. Un assunto ancora più vero, se possibile, per le aziende del settore fashion. Il caso Kering, in questo senso, è esemplare: nel corso dei primi sei mesi del 2020, il colosso della moda ha visto calare i ricavi totali del 29,6%, mentre quelli generati dal comparto e-commerce sono cresciuti del 47,2% e raggiungendo il 13% delle vendite del primo semestre.

 

Fashion e-commerce: le tendenze post-Covid

Analizzando poi le strategie della stessa Kering è anche possibile ipotizzare quelle che saranno le tendenze dell’e-commerce nel fashion nei prossimi mesi e nei prossimi anni. La casa madre di Gucci, Yves Saint-Laurent e Balenciaga (tra gli altri) ha infatti deciso di mutare profondamente il proprio approccio al commercio elettronico. Dal 2013 a oggi, infatti, i negozi online dei vari marchi sono stati gestiti dall’italiana Yoox (in business model outsourcing). Dalla metà del 2020, invece, gli e-store saranno amministrati internamente da un team guidato dall’ex ebay Gregory Boutté.

Una vera e propria “scelta di campo”, dettata da evidenze e previsioni dell’andamento dell’e-commerce nel fashion. Ben presto – e Kering ci si è avvicinata, con la prima semestrale del 2020 – il commercio elettronico varrà il 25% dei ricavi totali delle aziende del settore luxury e, ha affermato Boutté in un’intervista alla rivista specializzata MFF, la necessità primaria è quella di controllarla dall’interno.

Lo scopo, ha spiegato lo Chief Client and Digital Officer del gruppo francese, è quello di dare la possibilità a ogni brand di personalizzare l’esperienza utente all’interno della piattaforma di e-commerce, per poi declinarla a livello di omnicanalità. Una strada che, molto probabilmente, verrà scelta e battuta anche da altri marchi del mondo della moda e del luxury, che potrebbero optare per gestire in autonomia il loro e-store.

Fondamentale, in questo caso, stabilire una strategia che consenta di creare una piattaforma di e-commerce che sia versatile e facilmente scalabile. L’errore più grave che può essere commesso, infatti, è quello di sottostimare la propria capacità di vendita e trovarsi con un e-store sottodimensionato e una piattaforma difficile (se non impossibile) da ampliare. Insomma, un errore strategico che potrebbe costare denaro e visibilità online. 

 

Fashion e-commerce: gli elementi che non possono mancare

Quando si sceglie di implementare un portale di e-commerce all’interno del sito web aziendale, dunque, è necessario verificare che siano rispettati alcuni “requisiti minimi” che garantiscono la piena funzionalità, indipendentemente dal volume di vendite che verrà generato. In particolare, si deve controllare che la piattaforma scelta risponda a pieno alle necessità della propria azienda e agli obiettivi di business prefissati, garantisca un elevato livello di personalizzazione e scalabilità e abbia alcuni moduli necessari per il corretto funzionamento del negozio online.

  • Cloud vs. Self-Hosted. Da questa scelta dipenderanno molte delle funzionalità che si potranno utilizzare in futuro. Quando parliamo di soluzioni cloud e soluzioni self-hosted ci riferiamo ai content management system, ossia alle piattaforme che consentono di creare e gestire le inserzioni e la piattaforma di commercio elettronico. Le soluzioni cloud, ad esempio, non implicano l’installazione di alcun software in locale, la banda a disposizione si adatta in maniera automatica al traffico del sito (non ci saranno momenti di down, dunque) e la gestione del portale può avvenire anche via smartphone. Le soluzioni self-hosted, invece, consentono di modificare il codice sorgente della piattaforma e adattare struttura e interfaccia alle esigenze del proprio business, ma sarà necessario “adattare” di volta in volta la banda dati messa a disposizione dall’host e si dovrà trovare un modo per integrare la piattaforma e-commerce con la gestione del magazzino e la logistica, per evitare errori che compromettano la reputazione del vendor e del negozio online. 
  • OMS. Da non confonderlo con il CMS, del quale abbiamo appena parlato. OMS è infatti acronimo di Order Management System (“Sistema di gestione degli ordini” in italiano) ed è una componente che non può mancare in un e-commerce di un’azienda fashion. Grazie a questo sistema è possibile tenere traccia delle vendite, degli ordini, dell’inventario e della logistica attraverso un’unica interfaccia. In questo modo si potrà sempre sapere se e quando è il momento di ordinare nuovi capi o se, invece, qualche prodotto è arrivato a “fine vita”. 
  • DAM. Acronimo di Digital Asset Management, il DAM è una piattaforma “parallela” al CMS che consente di gestire in maniera indipendente tutti i file multimediali – foto, video, tracce audio, documenti testuali – che possono essere poi utilizzati all’interno delle varie pagine prodotto. Il DAM, in particolare, consente di organizzare facilmente tutti i contenuti in cartelle ed evitare la creazione di doppioni all’interno del database. Uno strumento, dunque, che facilita e migliora l’organizzazione dei materiali multimediali e consente di poter ottenere statistiche precise sulle immagini e i video più visti

La centralità del software PIM per la moda 

Il software PIM per la moda (Product Information Manager) merita un discorso a sé. Si tratta dello strumento, del software che consente di raccogliere e gestire in maniera unificata tutte le informazioni riguardanti i prodotti in vendita 

La rilevanza del software PIM per la moda deriva dalla complessità gestionale di immensi volumi di informazioni distribuite su svariati sistemi, database e sorgenti. Oltre a dati di inventario, di produzione, caratteristiche proprie del prodotto, taglie e colori, gli eCommerce hanno a che fare con svariati contenuti multimediali come video e immagini, provenienti da sorgenti dati e sistemi disparati. Centralizzare tutte le informazioni di prodotto in un unico sistema comporta, se l’attività viene gestita manualmente, un onere notevole, oltre all’onnipresente rischio di errori. 

Il software PIM per la moda ambisce ad automatizzare la raccolta delle informazioni. Al suo interno vengono create le schede prodotto della merce in vendita nell’e-store e, al loro interno, inseriti tutti i dati necessari per l’azienda e per il cliente, dati eventualmente derivanti dall’integrazione con altri sistemi. Snodo centrale del processo di digitalizzazione, il software PIM per la moda funge dunque da punto di raccolta delle informazioni ai fini della loro distribuzione coerente su tutti i canali di vendita. Infatti, con il PIM le informazioni raccolte potranno essere utilizzate non solo sull’e-commerce, ma anche sull’app, nei cataloghi prodotti e dai punti vendita. 

 

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