Il paradigma della cloud security è destinato a diventare il modello dominante tra le strategie di digital security e data protection nell’ambito del business. La ragione è semplice: il cybercrime as-a-service sta infatti diventando un vero e proprio standard, dando vita a tattiche di attacco capaci di evolversi in tempi rapidissimi, e occorrono soluzioni e metodologie in grado di tenere il passo di tutte le minacce emergenti.
Attacchi alla supply chain attraverso gli ecosistemi IoT, cyber warfare, iniziative di phishing basate sull’intelligenza artificiale e intrusioni che sfruttano le falle insite nelle piattaforme che abilitano il lavoro ibrido delineano uno scenario di rischio cyber tutt’altro che rassicurante per il 2023. Vediamo più nello specifico che cosa bisogna mettere in conto nei prossimi mesi.
1. Sfruttare le vulnerabilità dell’IoT per colpire la supply chain
La crescita delle piattaforme Internet of Things (IoT) adottate a livello industriale genera maggiori opportunità di business e migliora l’efficienza operativa, soprattutto a livello logistico e produttivo, ma allo stesso tempo aumenta anche la superficie d’attacco del perimetro aziendale, aprendo le porte a nuove forme di criminalità informatica.
La crescita esponenziale del numero di potenziali punti di ingresso per gli hacker spesso però non corrisponde all’implementazione di una strategia di cybersecurity olistica. A questo, si aggiunge il fatto che purtroppo la maggior parte dei dispositivi per l’Industrial OT, la cui architettura software è estremamente semplice e che spesso fanno parte di architetture datate, dispone di misure di sicurezza embedded molto inferiori rispetto a quelle di sistemi IT. Una criticità che, se non opportunamente indirizzata con soluzioni incentrate sulle tecnologie di cloud security, può implicare vistosi rallentamenti o addirittura veri e propri blocchi della supply chain in caso di attacchi andati a buon fine.
2. Cyber warfare e attacchi sponsorizzati dagli stati canaglia
Le crescenti tensioni geopolitiche non si limiteranno a danneggiare l’economia globale e a creare problemi di approvvigionamento energetico, ma avranno un impatto diretto sulla stabilità del cyberspazio.
Anche se al momento gli attacchi di operatori sponsorizzati dagli stati canaglia sono relativamente pochi, una campagna ben congegnata può generare effetti significativi su componenti vitali della collettività, a partire dal sabotaggio di infrastrutture critiche o di industrie strategiche per l’economia nazionale. E purtroppo è lecito pensare che nel corso dei prossimi mesi questa tipologia di iniziative sia destinata ad aumentare in modo esponenziale.
3. Il potenziale dell’intelligenza artificiale (AI) al servizio dei cyber attacchi
L’intelligenza artificiale è stata fondamentale per creare sistemi di cybersicurezza (specie per quanto riguarda la cloud security) pervasivi, capaci di rilevare automaticamente le minacce e di suggerire in tempi rapidi contromisure efficaci.
Il problema è che artificial intelligence e machine learning vengono utilizzati anche per sviluppare malware di nuova generazione, su cui i cybercriminali innestano attacchi in grado di aggirare i più recenti protocolli di controllo del flusso dei dati.
Così come i sistemi di rilevamento delle minacce abilitati dall’intelligenza artificiale saranno sempre più efficaci nel prevedere nuovi tentativi di violazione e notificare istantaneamente agli amministratori le anomalie di sistema, nel corso del 2023 assisteremo quindi a un exploit delle intrusioni abilitate proprio dall’AI applicata al phishing.
4. Crescono i rischi per chi ricorre all’hybrid work
Nonostante gran parte dei lavoratori sia tornata in ufficio dopo due anni di attività svolta da remoto, l’hybrid work è un modello operativo e organizzativo che non solo è destinato a perdurare, ma che si affermerà come assetto dominante in un numero sempre maggiore di realtà. I vantaggi - sia sul piano dell’agilità, sia su quello del contenimento dei costi, sia rispetto al work-life balance - sono infatti evidenti, ma non vanno sottovalutati i rischi informatici connessi all’adozione sistematica di questo approccio.
L’utilizzo di connessioni non sicure e di device personali per connettersi a una rete aziendale espone i dipendenti remoti alla possibilità di accessi non autorizzati, in particolare da parte di hacker. Anche l’attivazione di una rete privata virtuale (VPN), però non garantisce la data protection, soprattutto se i flussi inviati sul network non sono correttamente crittografati, se non si adottano meccanismi di autenticazione a doppio fattore e se l’organizzazione non dispone di soluzioni di identity and access management all’avanguardia, come quelle offerte nell’ambito della cloud security.
I cyber criminali sono intenzionati a cavalcare il fenomeno dell’hybrid work per trasformare in un’opportunità di attacco anche la minima défaillance mostrata da aziende e lavoratori.
La tua azienda è pronta a far fronte a queste minacce? Rispondi a questa checklist e verifica l’effettivo livello di Cloud security della tua impresa.