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Cloud Sovereignty, linee guida per le aziende europee

Written by WIIT | Sep 16, 2025

 

Entro la fine del 2025, il 30% delle imprese multinazionali avrà subito perdite di fatturato, danni reputazionali o azioni legali a causa di rischi di sovranità digitale non gestiti (Fonte: Gartner - Build a Sovereign Cloud Strategy). Un motivo più che valido per occuparsi fin da subito di cloud sovereignty.

Cos’è un cloud sovrano: dalla localizzazione al controllo dei dati

Oggi, la stragrande maggioranza dei dati e dei processi di business transita in piattaforme e infrastrutture cloud, anche nell’ambito del mission critical. Parallelamente, molti Stati e organismi sovranazionali hanno introdotto – o lo stanno facendo – leggi sulla protezione dei dati e vere e proprie sovereignty law, ovvero atti normativi che fissano vincoli su dove, come e da chi i dati possano essere acquisiti, archiviati, elaborati e trasferiti, con l'obiettivo di mantenere un controllo sistemico su informazioni sensibili e strategiche a livello nazionale e sovranazionale. Tutto ciò va ovviamente in contrasto con la natura distribuita del cloud, che tecnicamente non conosce confini geografici né limiti giurisdizionali.

Se guardiamo il fenomeno dal punto di vista del provider, cloud sovereignty significa garantire all’organizzazione che i suoi dati, le applicazioni e i workload siano gestiti in piena conformità con le normative – locali o internazionali – cui l’azienda è soggetta, normative che tendono a privilegiare l’autonomia e autosufficienza dell’infrastruttura cloud rispetto a ingerenze esterne. Secondo la definizione di Gartner, infatti, un cloud sovrano ha lo scopo di “garantire che dati, operazioni, infrastrutture e tecnologie siano liberi dal controllo di giurisdizioni esterne e protetti dall’influenza e dall’accesso di governi stranieri”.

Stante la natura del cloud, tradurre in pratica questo concetto è tutt’altro che banale e richiede un effort notevole da parte dei provider.

Cloud Sovereignty: le sfide

Con l’aumento costante della pressione normativa, soprattutto in UE, è naturale che un numero crescente di organizzazioni si sia avvicinata al concetto di cloud sovrano e questo abbia spinto gli hyperscaler – tutti originariamente statunitensi – a sviluppare soluzioni dedicate. Parallelamente, i provider locali hanno rafforzato la loro proposta di valore puntando sulla vicinanza geografica, la conoscenza delle normative locali e l'indipendenza dalle giurisdizioni extra-europee.

La sfida del cloud sovrano potrebbe essere risolta dalle aziende riportando tutti i dati in casa, ovvero attraverso una repatriation a regola d’arte verso infrastrutture interne, sulle quali si ha per definizione un controllo totale. Nella pratica, però, poche aziende sono disposte a rinunciare ai vantaggi distintivi del cloud, ormai riconosciuto come un fattore strategico di competitività, e per questo i cloud provider hanno sviluppato soluzioni ad hoc. Per farlo, hanno dovuto affrontare (e affrontano) alcune sfide.

  • Per prima cosa, i requisiti di compliance variano da un’azienda all’altra in funzione del settore, delle dimensioni e della geografia.
  • Non esiste uno standard univoco su cosa renda “sovrano” un cloud, per cui le proposte dei vendor possono differire le une dalle altre: alcuni si concentrano sulla localizzazione fisica dei dati e dei relativi data center, altre sull’isolamento operativo.
  • La costante trasformazione del quadro regolatorio rende ancor più complesso il tema e impone alle organizzazioni di definire una strategia chiara e di lungo periodo per la cloud sovereignty. Questa strategia deve essere preceduta da una chiara identificazione dei requisiti di sovranità digitale cui la specifica azienda è soggetta e a cui far seguire la selezione del provider e del modello cloud più adeguato.

La strategia di cloud sovereignty parte dai dati

La strategia che ogni azienda dovrebbe formulare si basa sull’armonizzazione di tre aree fondamentali: dati, processi e tecnologie.

La data sovereignty è definita dal quadro legislativo dell’area geografica in cui sono presenti i dati ed è tendenzialmente il primo aspetto da valutare per la scelta del provider cloud. Nel concetto di sovranità del dato rientra quello di residenza dei dati (data residency), che si sostanzia nell’impegno del provider ad archiviarli e processarli all'interno dei confini della giurisdizione di riferimento (es. in Italia o in UE) per essere conforme alla normativa vigente (es., GDPR).

Nella sovranità dei dati rientrano i meccanismi che impediscono al provider di accedere e/o trasferire i dati dei clienti, attribuendone il controllo esclusivo all’azienda. In questo modello, è il cliente a gestire direttamente l’accesso ai dati e alle chiavi di cifratura tramite soluzioni di Identity and Access Management (IAM) e strumenti avanzati di sicurezza.

Operational sovereignty e trasparenza sui processi del provider

Il secondo elemento chiave della cloud sovereignty è la sovranità operativa, ossia la capacità dell'azienda di mantenere il pieno controllo decisionale sui propri processi critici anche quando utilizza infrastrutture cloud esterne. Questo significa conservare l'autonomia su come, quando e dove operano i propri sistemi, garantendo continuità operativa, efficienza e conformità normativa indipendentemente dal fornitore di servizi cloud.

Per garantire sovranità operativa, il provider deve fornire:

  • trasparenza e strumenti di controllo completi (dashboard, strumenti di monitoring e logging),
  • garantire portabilità dei dati attraverso standard aperti,
  • offrire flessibilità geografica con opzioni multi-region e assicurare SLA stringenti con penali definite.

Cloud region: approfondisci qui i motivi per scegliere un sistema di "data center sovrano"

Gartner evidenzia inoltre l’importanza di considerare anche la localizzazione del personale del provider: i dati, infatti, possono essere soggetti a una determinata giurisdizione, ma chi gestisce la piattaforma cloud potrebbe trovarsi in un’altra, da cui possono derivare potenziali criticità. Non è raro che i provider si affidino a partner locali, cui però viene demandata solo l’attività di primo livello; gli interventi più complessi possono essere gestiti da personale specializzato che opera da giurisdizioni diverse. Per questi motivi, scegliere cloud provider che operano integralmente nella propria giurisdizione è un vantaggio significativo anche in ottica di compliance.

Indipendenza e sovranità tecnologica

La sovranità tecnologica è la capacità dell’organizzazione di rimanere il più possibile indipendente dal suo cloud provider, mantenendo il pieno controllo delle proprie applicazioni ed eseguendo ovunque i carichi di lavoro: nel proprio data center, in ambienti multi-cloud o presso diversi fornitori cloud, senza vincoli tecnologici.

L'obiettivo principale è l'abbattimento del vendor lock-in attraverso l'adozione di standard aperti e tecnologie open source che supportano la portabilità delle applicazioni. Le organizzazioni possono così evitare di rimanere intrappolate in ecosistemi proprietari e mantengono sempre la possibilità di migrare, duplicare o ridistribuire i propri workload secondo le necessità operative o di compliance. Anche questo, al pari della localizzazione del dato, è un elemento cardine per garantire reale sovranità e pieno controllo sull’ambiente cloud.

Caratteristiche imprescindibili di una strategia di Sovereign Cloud

Dati

  • Conformità locale vs. estera
  • Residency
  • Accesso
  • Privacy
  • Tipologie di dati

Operation

  • Personale locale vs. remoto
  • Monitoraggio
  • Tracciabilità
  • Trasparenza
  • Controllo

Tecnologia

  • Servizi locali vs. remoti
  • Isolamento fisico
  • Indipendenza tecnologica
  • Software open source o con licenza perpetua
  • Resilienza in scenari critici

Fonte: Gartner - Build a Sovereign Cloud Strategy

Implementare una strategia di cloud sovereignty significa dunque trasformare la scelta del provider da una decisione tecnica a una valutazione strategica che tutela il futuro dell'azienda. I tre pilastri sono infatti essenziali per evitare sanzioni, perdite di competitività e blocchi operativi.

 

FAQ

In questa sezione trovi le risposte alle domande più comuni. Clicca su una domanda per espandere la risposta.

Che cosa si intende con "sovranità digitale"?

La sovranità digitale è la capacità di uno Stato, di un’organizzazione o di un’azienda di esercitare controllo pieno e indipendente sui propri dati, sulle infrastrutture tecnologiche e sui processi digitali.
In pratica, significa garantire che:

  • dati e applicazioni siano protetti da accessi non autorizzati o da giurisdizioni straniere;
  • infrastrutture e piattaforme possano operare in autonomia, senza dipendere totalmente da fornitori esterni;
  • le normative locali (es. GDPR, NIS2) vengano rispettate, assicurando trasparenza, compliance e riduzione del rischio geopolitico.
Che differenza c’è tra localizzazione dei dati, residenza dei dati e sovranità dei dati?

Sebbene i tre termini vengano spesso utilizzati come sinonimi, hanno significati distinti:

  • Residenza dei dati (data residency): indica il luogo fisico in cui i dati sono conservati. È una scelta dell’organizzazione o del provider, fatta per motivi di performance, efficienza o preferenze contrattuali.
  • Localizzazione dei dati (data localization): è un requisito legale o normativo che obbliga a conservare i dati all’interno di un Paese specifico, impedendone il trasferimento all’estero o imponendo la creazione di copie locali.
  • Sovranità dei dati (data sovereignty): riguarda la giurisdizione legale che esercita il controllo sui dati in base al territorio in cui essi risiedono. Significa che i dati sono soggetti alle leggi del Paese in cui si trovano, indipendentemente dalla nazionalità dell’azienda che li gestisce.