L’impatto della digital transformation sulle imprese ne sta rivoluzionando radicalmente processi e struttura organizzativa. Che non si tratti di un cambiamento di natura esclusivamente tecnologica, lo dimostrano i risultati di una recente indagine curata da IDC (International Data Corporation). In base alla ricerca, nel 2018 i 1.670 miliardi di dollari previsti come spesa in hardware, software e servizi saranno equamente distribuiti fra progetti finanziati dai dipartimenti IT e programmi sostenuti per iniziativa delle LOB (Line of Business) aziendali. Nei settori del manufacturing e dei servizi professionali si assisterà già da quest’anno a un sorpasso delle risorse destinate alla digitalizzazione delle LOB, così come nelle tre aree funzionali più importanti: operation, servizio clienti e finance. E la crescita degli investimenti nel digital collegato alle Line of Business, sempre secondo IDC, è destinata ad aumentare nel 2019.
Se le aziende a livello mondiale stanno spostando l’asse dell’allocazione degli investimenti è segno che riconoscono nella trasformazione digitale una leva strategica in grado di garantire un ritorno per l’azienda sia in termini di competition sui propri mercati di riferimento che di acquisizione nuove quote di mercato. Pensiamo ad alcune operazion che pure in Italia hanno giovato della Digital innovation. Nel procurement, per esempio, anche le aziende più strutturate del nostro Paese hanno iniziato a utilizzare soluzioni Source-to-Pay in cui l’intero processo di acquisto viene gestito combinando insieme richieste di acquisto, budget, rapporti con i fornitori, fatturazione elettronica, Spend Analysis, gare e aste. Questo è possibile grazie al ricorso a un’unica piattaforma omogenea, che nel Cloud può contare su un fattore moltiplicatore per potenza di calcolo e storage, nella quale convivono codice, database e architettura informatica. I risultati, in termini di miglioramento della performance del team e di maggiore precisione nell’analisi della spesa, sono stati ampiamente dimostrati. Come è evidente, in tal modo l’attività di approvvigionamento ha assunto un ruolo strategico impensabile fino a qualche anno fa, motivo per il quale i progetti di digitalizzazione in merito devono necessariamente coinvolgere, oltre a CIO e CTO, figure apicali che coordinano altre operation quali finance e logistica, solo per citarne due. È la riprova della dimensione trasversale della digital transformation, i cui benefici interessano non soltanto il back-end, di cui abbiamo parlato prima, ma anche il front-end, cioè i prodotti, l’esperienza dei clienti, la relazione con il mercato.
Il digitale, infatti, permette di ridisegnare prodotti e servizi alla luce del contesto globalizzato in cui viviamo. Da questo punto di vista, digitalizzazione e globalizzazione rappresentano i due binari sui quali le aziende devono necessariamente muoversi, in cui il primo abilita allo “sfruttamento” del secondo. Non a caso oggi si parla di digital export, con un accento in cui l’e-commerce è ormai dato per scontato. Secondo i dati dell’Osservatorio Export della School of Management del Politecnico di Milano nel 2017 l’esportazione italiana di beni di consumo che si è avvalsa di canali digitali ha avuto un incremento pari al 21% rispetto all’anno precedente. Quello che, invece, non è scontato è la possibilità offerta dai sistemi che poggiano sul cloud di leggere velocemente i Big data e di organizzarli con sistemi di Analytics che consentono di mappare interi Paesi a costi incomparabilmente più bassi e in tempi notevolmente più celeri se confrontati con le classiche ricerche di mercato. Anche in questo caso, come per le operation, prevale la dimensione trasversale che investe varie funzioni aziendali (marketing ed export, ma anche legal se si pensa alle implicazioni della contrattualistica internazionale). A fare da sintesi, la capacità del Cloud di immagazzinare, confrontare e incrociare una mole enorme di dati per un loro impiego oculato in modalità predittiva. La digital transformation così abbatte barriere geografiche e amplia i confini dei propri mercati fino a porre le aziende in condizione di crearne di nuovi nell’ottica Demand Response, così come già avviene soprattutto nel comparto energetico.